Con l’affermarsi dell’implantologia l’orientamento dell’odontoiatra non è più quello di tentare di salvare denti al limite delle possibilità terapeutiche, ma quello di sostituirli tramite la terapia implantare.
Questa scelta deve essere ben ponderata e discussa con il paziente, specialmente se si tratta di denti frontali. Infatti l’estrazione di tali elementi dentali, se non viene eseguita a regola d’arte,  è spesso seguita da un riassorbimento alveolare con conseguenti problemi estetici irrisolvibili.  La sostituzione immediata dell’elemento estratto con un impianto è una soluzione che permette di prevenire il temuto riassorbimento della teca ossea vestibolare, a patto che si esegua l’intervento senza scollamento del lembo.
In questo lavoro sono riportati i risultati di 88 impianti post estrattivi eseguiti dal primo autore nella stessa seduta dell’estrazione senza apporre materiale di riempimento e senza punti di sutura.
INTRODUZIONE
Il bisogno di rimuovere i denti funzionalmente compromessi sta via via crescendo con l’affinarsi delle tecniche implantari a carico immediato.
Oggi più che mai i pazienti si aspettano risultati superlativi dal trattamento implantare. Per questo motivo è imperativo programmare il giusto piano di trattamento che garantisca sicuri risultati estetici e funzionali.
Il concetto di terapia estrattiva  pianificata (PET) non è nuovo e prevede una serie di possibilità terapeutiche da presentare al paziente prima di procedere all’avulsione dentale specialmente se si tratta di un dente frontale.
Le opzioni terapeutiche che seguono un’estrazione sono le seguenti:
• Non fare nulla e lasciare guarire il sito;
• Posizionare una protesi mobile;
• Posizionare un innesto nel sito estrattivo come preparazione ad un impianto;
• Preparare i denti adiacenti  per un ponte immediato dopo l’estrazione;
• Posizionare un impianto bifasico post estrattivo e restaurare l’estetica con una protesi mobile;
• Posizionare un impianto a carico immediato ed inserire un provvisorio fisso.
Queste possibilità andrebbero discusse con il paziente prima della rimozione dei denti.
La perdita di un dente con conseguente mancanza di stimolazione ossea, causa una diminuzione della trabecolatura e della densità nella zona, con diminuzione della larghezza esterna prima, dell’altezza poi e del volume osseo1. Nel primo anno dopo un’estrazione, il calo in larghezza dell’osso è del 25%, mentre l’altezza può diminuire fino a 4 mm totali, sempre nel primo anno, in seguito ad estrazioni e posizionamento di una protesi totale immediata2. In uno studio longitudinale durato 25 anni su pazienti edentuli, cefalogrammi laterali hanno dimostrato una costante perdita ossea nel tempo, quattro volte maggiore nella  mandibola3 . Però, poichè la mandibola ha uno spessore iniziale maggiore della mascella, nei pazienti edentuli da tempo, la perdita di osso risulterà significativa anche al livello mascellare.
Come risultato, una cresta anteriore di 8 mm di larghezza può rimodellarsi e arrivare a meno di 3 mm dopo 5 anni dall’estrazione3,4,5,6,7.
E’ la presenza del dente con la sua funzione che stimola l’osso e contribuisce a mantenere densità e volume.
Inoltre la malattia parodontale crea delle tasche intraossee sulla zona linguale dell’osso di supporto, e spesso provoca la perdita completa del margine vestibolare dell’alveolo.
L’odontoiatria tradizionale del passato ha ignorato questi fatti essenziali, mentre i pazienti erano completamente ignari delle modificazioni anatomiche  e delle relative conseguenze delle estrazioni dentali. Man mano che l’osso perde spessore diminuisce in altezza  la gengiva aderente. Questo fenomeno porta a gravi problemi estetici nelle regioni frontali.
Se al momento del PET (Planned Extraction Therapy) si è presa la decisione dell’impianto post estrattivo e si deve sostituire un dente anteriore  molta attenzione deve essere fatta all’estrazione. Sono consigliate tecniche conservative di estrazioni chirurgiche, come sezionare il dente piuttosto che rimuovere l’alveolo per minimizzare il trauma e la perdita ossea. Se risulta  necessario rimuovere dell’osso, dovrebbe essere a spese della parte linguale dell’alveolo, e non di quella labiale più delicata.
La tecnica chirurgica implantare dell’impianto post estrattivo può essere eseguita con o senza scollamento del lembo. Quest’ultima è da preferire in quanto le cellule dello strato interno del periostio sono responsabili del rimodellamento osseo. Ogni volta che il periostio viene riflesso, le cellule subiscono un’offesa e necessitano di rigenerarsi prima dei processi di rimodellamento. L’osso corticale riceve oltre 80% del sangue arterioso ed effettua il 100% del ritorno venoso attraverso il periostio8. Perciò il periostio vestibolare dovrebbe rimanere sempre intatto sia durante l’estrazione del dente sia durante l’introduzione dell’impianto per prevenire ulteriori perdite dimensionali.
Wilson e Weber9 hanno elaborato una classificazione dei siti per l’inserimento degli impianti utilizzando, come criterio discretivo, i tempi in relazione all’estrazione dell’elemento dentale e alle condizioni ossee:
• Sito immediato – inserimento dell’impianto nella stessa seduta
• Sito recente – inserimento dell’impianto dopo 30-60 giorni
• Sito ritardato – inserimento impianto a guarigione avvenuta
• Sito maturo – inserimento dell’impianto a distanza di tempo

Materiali e metodi
In questo studio sono stati selezionati dal primo autore 66 pazienti di età compresa tra i 44 e i 74 anni,  39 di sesso femminile e 27 di sesso maschile a cui sono stati  sostituiti 88 elementi frontali applicando la tecnica del sito immediato ovvero l’estrazione del dente e l’inserimento dell’impianto  eseguiti nella stessa seduta senza materiale di riempimento e senza punti di sutura. E’ stata rilevata per ogni paziente una foto con FinePix S2 Pro con obbiettivo Medical –NIKKOR 120mm con flash anulare ad un  rapporto di un  ½ ed una risoluzione di 3024×2016 comprendente i 6 denti frontali ed è stata tracciata una retta passante per il bordo cervicale dei denti viciniori. Sfruttando la griglia millimetrata di Adobe Photoshop è stata misurata la distanza dalla linea al bordo cervicale prima dell’intervento ed a protesizzazione ultimata (figg. 1, 2). La misurazione è stata ripetuta ad un anno di distanza.

Fig. 1 Caso clinico n 1 paziente di 70 anni con incisivi
affetti da mobilità tipo 3
Fig 2 Caso clinico n2 paziente di 32 anni affetta da agenesia
del canino superiore sinistra

Tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato e sono stati sottoposti ad una terapia antibiotica a base di macrolide per 3 giorni.
E’ stata praticata l’anestesia locale con Lidocaina al 20 mg/ml ed Adrenalina 1:100%  e nella stessa seduta sono state eseguite le estrazioni e sono stati inseriti impianti non segmentati monofasici a spire larghe.
Subito dopo l’introduzione degli impianti è stato inserito un provvisorio fisso cementato con Temp Bond. Dopo 6 mesi sono state applicate corone definitive in zirconio e porcellana (figg. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10)

Fig. 3 RX del caso clinico n1 che
mostra il grave riassorbimento
osseo.
Fig. 4 Rx del caso clinico n1
che il grave riassorbimento osseo.
Mostra gli impianti appena inseriti
Fig. 5 Il paziente dopo le preparazioni della parte
emergente degli impianti
Fig. 6 Il paziente con le corone in zirconio in situ non mostra
riassorbimento della teca alveolare apprezzabile.
Fig. 7 Rx del caso clinico n2 che
mostra il canino da latte in situ.
Fig. 8 Rx del caso clinico n 2 che
mostra gli impianti in situ.
Fig. 9 La paziente del caso clinico n2 con gli impianti
appena inseriti.
Fig. 10 Il caso clinico n 2 can la corona in zirconio in situ.
Non si nota nessun riassorbimento apprezzabile  della teca
ossea vestibolare.

 

RISULTATI
Degli 88 denti trattati 2 soltanto hanno presentato un riassorbimento gengivale superiore a 1,0 mm al controllo di un anno, come si può notare dalla tabella 1, mentre il t- Test di Student ha dimostrato che non ci sono differenze statisticamente significative tra prima e dopo il trattamento.

TABELLA N 1 VALORI MEDI
TABELLA N 2 RIASSUNTIVA DEL t-Test (p)

 

DISCUSSIONE
La perdita di uno o più elementi dentali, modificando l’armonia
morfo-funzionale dell’intero apparato stomatologico, necessita di una riabilitazione che possibilmente comporti un minor “danno biologico”, ripristinando la funzione masticatoria, fonetica e non ultima l’estetica anche per il ruolo che quest’ultima svolge sulla psicologia del paziente10.
Gli obbiettivi del clinico che si trova davanti ad un paziente da trattare con impianti endoossei sono essenzialmente tre11,12: 1) preservare il più possibile l’osso che rimane; 2) dare al paziente una protesi funzionale;
3) ripristinare l’estetica. Per conseguire questo obbiettivo nell’impianto post estrattivo, dobbiamo essere molto attenti durante l’estrazione a conservare la parete ossea vestibolare ed eseguire l’intervento di implantologia senza scollare il lembo vestibolare. Soltanto così potremo assicurare il ritorno del sangue venoso tramite il periostio ed assicurare al paziente un ottimo risultato estetico.

 

CONCLUSIONI
Su 66 pazienti selezionati nello studio del primo autore si sono sostituiti 88 denti frontali con degli impianti post estrattivi immediati inseriti nella stessa seduta dell’estrazione senza apporre alcun materiale di riempimento e senza punti di sutura. A distanza di un anno dalla protesizzazione definitiva soltanto su 2 elementi dentali si è riscontrata una retrazione gengivale leggermente superiore ad 1 mm. L’impianto intero a spire larghe si è dimostrato idoneo per questa tecnica.

Bibliografia
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10) Salvato A. Implantologia Orale, Edizioni Martina, 1955:V-VI
11) Pizzamiglio E. Overdenture su impianti. Implantologia Orale,
Edizioni Martina, 1995: 397-417
12) Pizzamiglio E: A color selection tecnhique, J Prosthet Dent 66;
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